Quando ho iniziato a fare laboratori l’ho fatto principalmente perché volevo dare qualcosa e mai avrei pensato di ricevere tanto in cambio.
A un certo punto del mio percorso artistico ho sentito l’esigenza di restituire qualcosa alla società, di poter avere un impatto diretto, anche se minimo, sul mondo che mi circondava e la maniera più semplice era mettere a disposizione il mio saper fare.
Memore dei corsi di Pedagogia seguiti in Accademia e grande ammiratrice di Munari e del suo metodo didattico, ero ben conscia di quanto certe esperienze infantili possano cambiare la visione del mondo che si avrà da grandi.
Ho quindi deciso di avere un approccio molto diretto e di incentrare i miei laboratori sul fare, focalizzandomi sulla manualità e sulla creatività, cercando sempre di trasmettere metodologie semplici e ripetibili, prediligendo l’utilizzo di materiali di recupero.
Mentre muovevo i primi passi in questa direzione un’amica che lavorava in una RSD (Residenza Sanitaria Disabili) mi chiese se ero interessata a fare qualche laboratorio e quella fu l’occasione per confrontarmi con diversi tipi di fragilità. L’incontro con gli ospiti fu intenso, ma molto positivo, le loro storie e il loro vissuto mi toccarono profondamente tanto che continuai la collaborazione come volontaria, organizzando laboratori d’arte per altri 3 / 4 anni.
Quell’esperienza mi insegnò molto, sia umanamente che professionalmente, e i laboratori divennero parte del mio lavoro.
Negli anni ho continuato a curare ed organizzare progetti dedicati all’infanzia per Scuole Materne e Primarie, Fondazioni e Gallerie d’arte, a cui si sono affiancati nel tempo quelli legati all’adolescenza e a fragilità di diversa natura, collaborando con diverse realtà del settore che sempre più spesso mi hanno coinvolta come artista in programmi anche molto articolati.
Sviluppare questi progetti è sempre una sfida: le diverse fasce d’età, le tematiche e i contesti richiedono tempi e modi differenti; l’entrare in relazione con partecipanti ogni volta diversi, l’imprevedibilità della dinamica laboratoriale per cui è essenziale mantenersi aperti e flessibili. Credo, infatti, che le esperienze più riuscite siano quelle in cui i gruppi stessi trovino un loro modo di procedere, un loro passo, che è giusto per quel luogo e quel momento. In quei casi so di aver fatto bene la mia parte, fornendo metodi, materiali e tempistiche adatte.
Una delle ultime belle esperienze è stata l’incontro con Somebody Teatro delle Diversità, una realtà bresciana con cui ho collaborato recentemente. Insieme abbiamo organizzato un workshop di collage e sono stati parte integrante della mia ultima mostra, un’anteprima di un’esposizione più ampia che avrà luogo a metà novembre all’interno della rassegna Giornate FuoriNorma.
La mostra intitolata INSIDE vedrà protagoniste le “Solitudini” una serie di sculture nate da una riflessione sui tempi che stiamo vivendo e si propone di creare un dialogo aperto tra le opere e gli spazi di Bunkervik, rifugio antiaereo collocato nel cuore della città e oggi polo per l’arte contemporanea del Comune di Brescia. All’interno di questo luogo profondamente evocativo il percorso espositivo guiderà fruitore in un viaggio introspettivo, avvalendosi di contaminazioni di diversa natura, come le ambientazioni sonore di Ground Arti Elettroniche e le azioni teatrali di Somebody Teatro.