Franco Rognoni nasce a Milano il 20 settembre 1913. Cresce in una famiglia della piccola borghesia che, per sfortunate vicissitudini, passa da una discreta condizione economica a un tenore di vita assai difficoltoso. Rognoni, che ha sempre manifestato fin da bambino una grande passione per il disegno e la pittura, deve rinunciare a coltivare questo interesse per diplomarsi perito tessile impiegandosi poi presso l’Istituto Cotoniero Italiano. Tale esperienza, con suo vivo sollievo, è di breve durata e inizia a frequentare i corsi serali presso la Scuola Superiore d’Arte del Castello Sforzesco di Milano dove insegna Arte Applicata il pittore Gianfilippo Usellini. La sua formazione artistica, quasi interamente da autodidatta, lo porta a godere e capire molto presto le nuove forme d’arte e ad amare artisti come Modigliani, Sironi, Licini e gli stranieri Picasso, Chagall, Rouault, Beckmann, Grosz, Klee, Kokoschka.
La svolta della sua formazione artistica avviene frequentando la ricchissima biblioteca del critico d’arte Raffaello Giolli dove, attraverso le riproduzioni, studia l’opera degli artisti stranieri che lo entusiasmano e lo stimolano molto più di quella della tradizione italiana studiata nelle accademie. È proprio il critico Giolli a scorgere nel giovane Rognoni un talento meritevole di considerazione. L’opinione di Giolli veniva condivisa da Franco Ciliberti, intellettuale attento alle nuove forme d’arte, che dimostrò stima per questo giovane rivelandone le qualità. Dopo la scomparsa di questi critici è di rilievo l’incontro con l’imprenditore Giovanni Botta, appassionato di disegni, incisioni ed ex libris che gli commissiona un imponente lavoro illustrativo di alcuni tra i principali capolavori della letteratura europea (I Promessi Sposi, la Divina Commedia, le Poesie di Carlo Porta, Don Chisciotte, I Miserabili).
Artista indipendente, Rognoni si avvia per un percorso solitario lontano dalla seduzione delle nuove avanguardie elaborando il suo mondo alla continua ricerca di un linguaggio personale.
È un periodo questo di ripensamenti durante il quale egli alterna e sviluppa modalità di diverse culture e, alla fine della Seconda Guerra Mondiale, Rognoni si trova in una situazione conflittuale: da un lato è spinto da una forte motivazione a partecipare, con la propria opera, ai movimenti politici e sociali, dall’altro, a causa della sua visione tendenzialmente pessimistica, profondamente colpito dall’evento atomico, ritiene esaurita la funzione dell’arte e della pittura in particolare, specie quella di cavalletto.
Cade di conseguenza in una crisi esistenziale che supera dedicandosi temporaneamente all’illustrazione per l’editoria, al disegno di impegno politico e di costume con esordio.
Le sue varie esperienze e soprattutto l’intensa attività che derivava dalla collaborazione con altri nel teatro e nell’editoria, gli servono a uscire dalla solitudine sia esistenziale sia artistica. La sua pittura che appariva scura, tormentata, a volte sovraccarica, diviene meno ossessiva, acquisendo forme più libere e ispirate a una visione fantastica rasserenata da guizzi ironici dove il suo inconfondibile disegno arabesca la stesura del colore ottenendo un esprit de finesse particolare che diventa la sua cifra.
Franco Rognoni, dopo oltre sessant’anni di vita artistica ininterrotta, muore a Milano l’11 marzo 1999 ed è sepolto nel cimitero di Luino nella tomba di famiglia.