
Qual è il valore dell’artista oggi? In che modo si può avvicinare il pubblico all’arte?
Ne abbiamo parlato con Alessio Bolognesi.
In quanto artista, come consideri il tuo ruolo all’interno della società? Quale valore dai alla tua professione?
Una domanda difficile… non credo di poter considerare il mio ruolo nella società. Penso sia piuttosto, se vogliamo, la società che deve dare un ruolo all’artista e decidere se un artista merita la sua attenzione e se il lavoro di questo artista merita la sua attenzione. Io dò valore a quello che faccio, gli dò un valore personale. Disegnare l’arte ha un valore per me, che poi auspicabilmente si tramuta in un valore per le persone che osservano le mie opere, ma non è questa la mia principale intenzione. Quello che faccio lo faccio per me, mi piace dipingere perché mi fa stare bene.
Perché, secondo te, l’arte e la cultura vengono spesso relegate ad attività di second’ordine, inessenziali rispetto all’acquisto di un capo d’abbigliamento, di una messa in piega, di un mazzo di fiori?
Bisognerebbe fare queste domande a chi ci amministra. Non lo so, sinceramente non ne ho idea. Forse la ragione principale è meramente economica, si dà priorità a quelle attività che fanno girare in qualche modo l’economia e quindi si predilige la vendita di capi d’abbigliamento, che si vendono tutti i giorni, piuttosto che una galleria d’arte che magari vende un lavoro alla settimana. Probabilmente è un discorso meramente economico, senza considerare che ovviamente sono spesso scelte prese da chi questo settore non lo conosce minimamente. Soprattutto perché le gallerie d’arte sono state trattate alla stessa stregua dei musei, che hanno caratteristiche in termini di pubblico e di necessità di tenere aperto completamente diverse.
Una domanda personale: qual è l’opera/l’artista che ha influenzato maggiormente il tuo percorso? Per quali ragioni?
Non ce n’è uno, ce ne sono tanti, ci sono tante influenze. Se devo dire l’artista che amo di più, ma che non posso dire abbia influenzato il mio lavoro, è Hieronymus Bosch. L’arte fiamminga in generale l’ho sempre amata, la trovo ironica, inquietante, piena di simbolismi. Non posso dire che nel mio lavoro abbia un’influenza sostanziale, influenza che forse hanno avuto di più i fumettisti, che ho sempre seguito fin da bambino, quindi molti artisti di comics sia italiani che americani che adoro e che in qualche modo hanno influenzato anche il mio segno.
Molte persone si tengono a distanza dall’arte perché la ritengono “incomprensibile”, cosa gli diresti per incoraggiarle ad avvicinarsi a questo mondo?
Gli direi di venirci a trovare quando dipingiamo dei muri. Penso sia il modo più semplice e immediato per prendere contatto con l’arte, non solo il muralismo, ma l’arte in generale. Forse ancora il mondo della street art, del muralismo, è un po’ più genuino rispetto al mondo dell’arte tradizionale. C’è un contatto con gli artisti molto più diretto e normalmente abbiamo un gran piacere se qualcuno ci viene a trovare mentre dipingiamo un muro per chiederci cosa stiamo facendo, perché, che cosa ci ha mossi e così via. Forse girare un pochino le città e vedere l’arte sui muri è un ottimo metodo per avvicinarsi all’arte. Cominciare ad andare a vedere i musei, non avere paura di approcciarsi. È chiaro che ci sono tanti livelli di lettura, uno può approfondire lo studio dei simbolismi, dei significati di un’opera, della storia dell’artista e quant’altro. Però mi piace sempre pensare che il primo livello sia quello dell’apprezzamento personale di un’opera, noi siamo in grado di dire se una cosa ci piace o meno. È chiaro che anche il gusto in qualche modo vada stimolato, addestrato, educato, ma ciò non toglie che ci sia sempre un primo approccio, irrazionale, di pancia, e questo lo può avere chiunque.
Come vedi il futuro dell’arte? Secondo te la fine della pandemia segnerà un momento di rinascita della cultura o favorirà il declino dei valori più spirituali a favore del possesso di beni materiali?
Non ne ho la più pallida idea. Penso che l’arte si riprenderà, lo ha sempre fatto nella storia. Penso che l’arte sopravvivrà, in questa forma o in nuove forme, perché è un processo sempre in evoluzione con nuovi media. Da appassionato di tecnologia, da ingegnere, io considero anche l’arte digitale come arte a tutti gli effetti. Considero i mezzi con cui fare arte solo dei mezzi per esprimere ciò che si sente dentro. Credo che in futuro ci potranno essere nuovi mezzi, nuovi media, nuove modalità, che probabilmente si affiancheranno ai metodi tradizionali e, in ogni caso, faranno sì che l’arte in sé sopravviva.