
Perché l’arte è considerata un’attività di second’ordine? Ne abbiamo parlato con Maurizio Biondi.
In quanto artista, come consideri il tuo ruolo all’interno della società? Quale valore dai alla tua professione?
“Che senso ha quello che faccio?” è la domanda a cui, prima o poi, ogni artista è chiamato a rispondere. Ma l’unico che può fornire una risposta - o forse sarebbe meglio dire una giustificazione - è l’artista stesso, dal quale la subdola domanda nasce. Chiarirsi è importante per chi crea, perché per credere nell’arte in un periodo storico così difficile e confuso servono amore e convinzione.
Perché, secondo te, l’arte e la cultura vengono spesso relegate ad attività di second’ordine, inessenziali rispetto all’acquisto di un capo d’abbigliamento, di una messa in piega, di un mazzo di fiori?
Più che essere relegate ad attività di second’ordine, penso che le priorità siano cambiate; si curano molto il corpo, l’aspetto fisico e ogni oggetto materiale che ci possa identificare all’interno di questa società. Ci si dimentica però di curare quel vuoto che, piano piano, si crea “dentro”. Qui, secondo me, dovrebbe entrare in gioco l’arte; il percorso sarà lungo e difficile, ma non per questo impossibile.
Una domanda personale: qual è l’opera/l’artista che ha influenzato maggiormente il tuo percorso? Per quali ragioni?
A livello assoluto senza dubbio Caravaggio, per il suo immenso talento, il suo saper osare e per la capacità di saper guardare le cose senza le contaminazioni esterne tipiche del periodo. A livello pratico, lo studio e la copia delle sue opere mi ha permesso di capire la magia della luce e l’importanza delle zone in ombra. Dopo Caravaggio, comunque, la lista potrebbe essere molto lunga...
Molte persone si tengono a distanza dall’arte perché la ritengono “incomprensibile”, cosa gli diresti per incoraggiarle ad avvicinarsi a questo mondo?
L’arte, come tutto del resto, è incomprensibile solo quando non si conosce. Riferirsi solo ad amanti e collezionisti serve a poco; bisogna costruire un tessuto sociale in cui l’arte abbia un ruolo importante, si deve superare quel timore di entrare nelle gallerie, ma soprattutto credere che l’arte è una compagna di viaggio che non abbandona nessuno.
Come vedi il futuro dell’arte? Secondo te la fine della pandemia segnerà un momento di rinascita della cultura o favorirà il declino dei valori più spirituali a favore del possesso di beni materiali?
Ci vorrebbe la sfera di cristallo per rispondere, e comunque non mi pongo molto questa domanda. Da artista cercherò solo di lavorare sempre meglio e di essere credibile, per trasportare sulla tela senza compromessi le mie emozioni. Se io per primo non sarò in grado di farlo, sarà inutile per me sperare in una rinascita della cultura. Ma io ci credo, perché dopotutto l’arte è una forma d’amore, e l’amore non ha regole.