
In questo periodo di prolungata assenza di attività culturali e di chiusure di Musei e Gallerie abbiamo deciso di coinvolgere gli artisti con cui collaboriamo in una discussione sul valore dell’Arte.
Ecco le risposte di Muriel Mesini alle nostre domande.
In quanto artista, come consideri il tuo ruolo all’interno della società? Quale valore dai alla tua professione?
Portare leggerezza e bellezza, è sempre stato questo lo scopo dell'arte che faccio e per leggerezza intendo quella di cui parla Calvino “che non è superficialità ma planare sulle cose dall'alto, non avere macigni sul cuore”. Questa frase mi muove ogni giorno nel fare arte.
Quando diventiamo adulti spesso viviamo situazioni pesanti nel lavoro, nelle relazioni, nel nostro quotidiano e poterci liberare, anche solo per un attimo, riuscendo a guardare il mondo con quegli occhi sognanti che ci appartenevano quando eravamo bambini, penso che sia bellissimo. Con il mio lavoro provo in questo intento, cercando di regalare questa emozione e ogni volta che ci riesco sono immensamente felice. Credo sia cosa non da poco riuscire a far sognare gli altri, riuscire a donare un attimo di leggerezza.
Perché, secondo te, l’arte e la cultura vengono spesso relegate ad attività di second’ordine, inessenziali rispetto all’acquisto di un capo d’abbigliamento, di una messa in piega, di un mazzo di fiori?
Perché non c'è ancora una consapevolezza collettiva su quello che dovrebbe essere l'arte, spesso e volentieri sottovalutiamo l'effetto che questa ha sulla nostra vita di tutti i giorni. La colpa è anche di chi ci fa vivere l'arte come qualcosa di irraggiungibile, comprensibile solo a pochi eletti mentre l'arte è emozione, ne siamo circondati e fa parte della nostra vita quotidiana. Acquistare un'opera d'arte è regalarsi un'emozione che può farci stare bene. E' questo il messaggio che purtroppo non sempre ci arriva.
Una domanda personale: qual è l’opera/l’artista che ha influenzato maggiormente il tuo percorso? Per quali ragioni?
Sono tanti gli artisti nella storia dell'arte che amo molto da Klimt a Klee, da Burri a Rothko ma l'artista che sento più vicino è Lele Luzzati, la sua freschezza dei tratti, il suo divertimento nel giocare con i collage di carte, la gioia che trasmette nei suoi lavori sono caratteristiche che ho sempre amato e che sento mie.
Molte persone si tengono a distanza dall’arte perché la ritengono “incomprensibile”, cosa gli diresti per incoraggiarle ad avvicinarsi a questo mondo?
Direi loro che l'arte non deve essere compresa ma deve essere sentita con il cuore, deve emozionarci, deve arrivare all'anima prima che al cervello, l'arte va vissuta. Le emozioni fanno parte di tutti noi. Impariamo allora a sentirci, ad ascoltarci, non serve altro. Se quello che stiamo osservando ci fa stare bene, ci arriva al cuore, ci trasmette qualcosa allora ci ha parlato e questa è arte!
Come vedi il futuro dell’arte? Secondo te la fine della pandemia segnerà un momento di rinascita della cultura o favorirà il declino dei valori più spirituali a favore del possesso di beni materiali?
Io penso che a fine pandemia, in generale, ci sarà voglia di essere felici. La gente avrà voglia di circondarsi di cose belle, cose che fanno stare bene, che regalano un'emozione positiva. Non vedo una contrapposizione tra beni materiali e valori spirituali, un quadro è anche un bene materiale ma che può regalare benessere, felicità e gioia. Vorremo riprendere in mano molto di tutto quello che prima di questo momento vivevamo con normalità ma che adesso, essendone privi, viviamo come qualcosa da riconquistare come andare ad una mostra o, nel mio caso, poterle nuovamente organizzare e condividere con la gente la mia arte vedendo le persone felici di parteciparvi. E' proprio quando veniamo privati di qualcosa che ne capiamo l'importanza. Questo mi porta ad avere un pensiero positivo nei confronti del futuro immaginando una rinascita collettiva, un'esplosione di iniziative e voglia di fare, voglia di arricchire il nostro spirito.