Alessandra Carloni artista

Negli ultimi anni abbiamo crescere l’interesse verso la Street Art, una corrente che affonda le proprie radici nei movimenti artistici di protesta degli Stati Uniti negli anni Sessanta.

Gli artisti “di strada” sentivano l’esigenza di riappropriarsi dello spazio urbano, invadendo con graffiti di affermazione e di denuncia muri, convogli dei treni e interni delle gallerie.

Nel corso degli anni il movimento si è diffuso in tutto il mondo, facendo emergere figure oggi conosciute universalmente: da Keith Haring a Jean Michel Basquiat, fino al famosissimo Banksy.

Anche in Italia la Street Art è un fenomeno consolidato, infatti sempre più comuni italiani coinvolgono periodicamente gli artisti in progetti di riqualificazione urbana per rendere più accoglienti le aree degradate e portare l’esperienza estetica in spazi non convenzionali, come muri, cabine elettriche, facciate di palazzi e così via. Queste iniziative hanno il potere di favorire la partecipazione della comunità, in particolare attraverso proposte che attingono ad un patrimonio collettivo e risvegliano un senso di appartenenza.

Nessuno sarebbe in grado di spiegare la funzione della street art all’interno delle comunità come Alessandra Carloni, artista nota a livello internazionale, che quest’anno ha portato avanti numerosi progetti in altrettante città.

Cosa significa, oggi, fare arte nello spazio urbano? Quali sono i valori che desideri trasmettere attraverso il tuo lavoro? 

In questo momento storico l’arte urbana è diventata una forma d’arte pienamente accettata dalla comunità, dalle principali città ai più piccoli borghi. E’ l’arte forse più rappresentativa di questi ultimi anni, perché popolarmente riconosciuta e ampiamente condivisa attraverso tutte le piattaforme social.

Nel mio lavoro murale riporto lo stesso mondo che rappresento in pittura, quasi sempre sognante e fiabesco, adeguandolo al contesto territoriale e rispettando le tradizioni e la cultura popolare del territorio che ospita il mio intervento, anche solo attraverso un simbolo, un oggetto o un riferimento storico, per legare il mio mondo visionario allo spazio circostante, diventando così parte integrante del territorio stesso. Definirei per questo motivo i miei murales come delle vere e proprie “favole murali”, che coinvolgono lo spettatore a entrare in quella visione surreale, per la grandezza e l’impatto che hanno, e a sentirsi parte del sogno illustrato, immedesimandosi in quel personaggio senza occhi, che è il principale protagonista dei miei scenari.

Qual è il progetto che ti è più caro tra gli ultimi che hai portato avanti? 

I progetti che più mi coinvolgono a livello emotivo, ma anche progettuale e artistico, sono quelli legati ai borghi, nati con la prospettiva di recuperare territori altrimenti destinati allo spopolamento. Cito in particolare il comune di Valogno, in cui ho realizzato più di 11 interventi dal 2017 ad oggi, ma anche il festival Appartengo, nel comune di Stigliano in Basilicata. Si tratta di un piccolissimo comune vicino Matera, in cui da 4 anni si svolge una manifestazione che ha coinvolto una trentina di interventi murali di artisti nazionali e internazionali, recuperando così il destino di un paese, da fantasma a museo a cielo aperto.

Come ti è sembrata la risposta della comunità ai tuoi progetti nell’anno della pandemia? 

Sicuramente positiva, perché c’è nelle persone in generale un desiderio di rinascita, di riapertura e di rinnovato interesse per l’arte in generale; inoltre devo dire che, per quanto il mondo della pittura e delle gallerie abbia subito una forte battuta d’arresto, inevitabile in questo periodo di continue chiusure, l’arte murale ha continuato a sopravvivere e a manifestarsi in tante iniziative. 

Come scegli i soggetti dei muri? Che tipo di ricerca fai prima di elaborare l’opera? 

Come ho introdotto prima, i soggetti dei muri sono quasi sempre scelti in base al contesto, pur rimanendo fedele a una linea estetica e di stile che mi appartiene inevitabilmente. Ho bisogno quasi sempre di studiare il territorio, di conoscere le sue tradizioni, e una volta focalizzato il tessuto culturale di quel luogo, evidenziarne alcune simbologie, che diventano centrali per poi poter sviluppare la mia narrazione fiabesca.

Cosa porti della tua attività di street artist nella pittura?

In realtà quasi tutto. Le idee che riporto sui muri nascono tutte dalla pittura, perché è da li che io provengo, ed è la pittura la mia vera e unica fonte di espressione e di ricerca. E così, ad esempio, quando mi trovo ad affrontare su un muro un tema ecologico, riprendo alcuni dei miei soggetti pittorici ispirati alla serie degli animali meccanici.

In che modo la pandemia ha influenzato i soggetti dei tuoi lavori? 

Il periodo inquieto che stiamo vivendo da più di un anno ha sicuramente ispirato gran parte dei miei ultimi lavori sia in pittura che sui muri. È stato inevitabile fare una maggiore riflessione sull’uomo e sulle sue condizioni in questa nuova fase che stiamo attraversando. Nella pittura ad esempio in quest’ultimo periodo, sto preparando una nuova serie intitolata “ Maschere urbane “ finalizzata alla realizzazione di una mostra e un catalogo. Questo nuovo ciclo di opere, nato a inizio 2021, racconta in modo ironico e con una visione surreale e onirica il concetto di maschera, che ad oggi per come è cambiata la nostra società a causa della pandemia, diventa sempre più presente come mezzo per difendersi dal contagio del virus.Partendo così da un’ analisi del periodo che stiamo attraversando, ho aperto uno spazio di riflessione al tema del mascherarsi, che in questo caso diventa un vero e proprio camuffamento, per sembrare qualcos'altro e per esorcizzare la paura del contagio. Personaggi spesso giganti, ma delle volte anche di più piccole dimensioni, si muovono all'interno di scenari desolati, come le nostre città colpite dalla pandemia, vestiti con maschere buffe, poetiche o giocose. Essi diventano di fondo come supereroi, che rispondono con l'arma dell'ironia alla tragedia che li circonda. Da una visione più generica delle città, associate al mito cinematografico di New York e ai suoi costumi più giocosi, ho iniziato una ricerca più dettagliata rivolta all’Italia, dove, alla presenza simbolica di alcuni monumenti che rappresentano le città di Milano, Torino, Roma, Bologna, Napoli fino a province più piccole, ho vestito il mio personaggio di maschere animalesche legate alla tradizione e alle simbologie della città.

 

SCOPRI LE OPERE

 

  1. Quello che sento
    Quello che sento
  2. Segui la musica
    Segui la musica
  3. Friendship Tree
    Friendship Tree
  4. Reborning
    Reborning